Breve storia del nucleare berlusconiano


La linea del governo Berlusconi sul nucleare è cambiata ancora.
A pochi giorni dalla tragedia giapponese e dalla ferita di Fukushima il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, aveva dichiarato che, nonostante tutto, la promessa elettorale sul passaggio al nucleare fatta da Berlusconi in fase di campagna elettorale sarebbe stata mantenuta. L’Italia e le scelte del governo dovevano allora dare impressione di solidità e sicurezza.
Circa un mese dopo la presa di posizione della Prestigiacomo il governo decideva in merito alle politiche sul nucleare una moratoria di una dozzina di mesi. Una pausa di riflessione di un anno. Pausa motivata dall’attesa dei risultati degli ‘stress test‘ che si sarebbero effettuati nell’arco del 2011 su molte delle centrali nucleari attive sul suolo europeo.
A metà marzo l’opinione del ministro dell’Ambiente era già cambiata, seppur per motivi diversi da quelli dichiarati dal governo in sostanza si creava una rottura: “E’ finita – afferma la Prestigiacomo intercettatta durante una conversazione con il portavoce del governo, Paolo Bonaiuti, e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti – non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Bisogna uscirne ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla, si decide tra un mese“.

Il mese è passato. Ieri il governo ha presentato al Senato un emendamento al cosiddetto “decreto Omnibus” che abroga le norme che aprivano la strada alla costruzione in Italia di nuovi impianti nucleari. Il decreto dovrebbe essere approvato oggi dal Senato e domani dalla Camera. Modificando l’articolo 5 del decreto il governo blocca la “definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare”, affidando al Consiglio dei Ministri la definizione di una nuova Strategia energetica nazionale. “La Strategia terrà conto delle indicazioni stabilite dall’Ue e dai competenti organismi internazionali; e, prima di essere approvata definitivamente dal Consiglio dei Ministri, sarà sottoposta all’esame della conferenza Stato-Regioni e delle competenti Commissioni parlamentari”.
Berlusconi ha dunque deciso di ammettere l’insostenibilità del suo programma elettorale?
Non lo sappiamo. Sicuramente rinunciando (temporaneamente) alla realizzazione del piano nucleare per l’Italia svuota di significato uno dei tre referendum che si terranno il 12 e 13 giugno. Togliendo al cittadino la pronunciazione sull’utilizzo o meno di energie derivanti da fonti nucleari, quel che rimane – gli altri due referendum – è la scelta sull’approvazione o il rifiuto della privatizzazione dell’acqua e del legittimo impedimento (ossia, a chi spetta, tra giudice e imputato, decidere se gli impegni istituzionali dello stesso imputato sono o no adeguati a rinviare le udienze).
Il nucleare era tra tutte e tre le tematiche referendarie quella che forse smuoveva di più la sensibilità degli italiani, alla luce dei continui aggiornamenti provenienti da Fukushima, ma anche del ricordo del vecchio referendum, con responso negativo, avutosi negli anni ’60 sulla stessa proposta. Insomma sarebbe stata una sconfitta sicura per il governo, poco utile in vista delle elezioni amministrative.
Quello che viene dunque da chiedersi è se questo abbandono sul nucleare sia un’illuminazione, che porti speranza di ravvedimento anche sulla privatizzazione dell’acqua e addirittura sul legittimo impedimento, oppure è una mossa da campagna elettorale?

20/04/2011
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