Salvatore Lupo, storico di mafia


«Per troppo tempo ci siamo raccontati la favola che la mafia fosse figlia del sottosviluppo. Poi abbiamo invertito i termini del discorso, dicendo che il sottosviluppo è figlio della mafia. Ma entrambe le proposizioni sono errate. La mafia è una patologia della modernità.»


Con queste parole, il grande storico di Mafia Salvatore Lupo, riassume il senso del suo ultimo libro, presentato ieri a Torino, alla Torre di Abele: scritto in forma di intervista con il giornalista Gaetano Savatteri “Potere Criminale. Intervista sulla storia della mafia” è una solida analisi, che a volte si fa amara riflessione, sugli ultimi 150 anni di Cosa Nostra. Alla presentazione di ieri, c’era anche il Procuratore Capo di Torino Gian Carlo Caselli (già alla guida della Procura di Palermo, dal 1993): insieme, incalzati dalle domande di Savatteri, hanno dato vita a un bel dibattito sul testo in questione. Un libro che si sofferma su questioni importanti: dai processi politici, alla strategia stragista corleonese, dall’omiciodo Dalla Chiesa alle polemiche di Sciascia, passando per il racconto dell’evoluzione della mafia, dal periodo post-unitario, fino agli anni recenti di Provenzano e dei Lo Piccolo.


Alla domanda, se il libro serva anche a relativizzare l’interpretazione del ruolo di Cosa Nostra, nella storia d’Italia, per chiamare in causa anche altri soggetti e non scaricare tutte le responsabilità, sul mostro-mafia, Lupo così ha risposto: “Sì. La parola mafia ha subito, negli anni, un uso generico ed estensivo; bisogna riconoscere il bisogno di mafia, che emerge da alcuni segmenti della società. Poi, certo, emerge il problema di dove comincia (e finisce) il confine tra cosa sia mafia e cosa non. Dobbiamo per questo tornare ad una visione funzionalista, con più rigore interpretativo e meno mitologia.”


Inevitabile poi domandare, quanto sia necessario un insegnamento della storia della mafia, nei programmi di scuola, per generare anticorpi e inculcare coscienza civica, su un tema tanto importante. Risponde Lupo: “È questo un problema di grande delicatezza. Il rischio di fare la morale (o di creare un’altra “ora di religione” civica) è forte, molti esempi sono stati pessimi. Penso sia più importante che uno studente capisca la legge morale di Kant, e sarà più facile così averlo dalla parte dell’antimafia.”


Un elemento di riflessione in più, quindi per approfondire temi per noi nevralgici. Buona lettura!

14/01/2011
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